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(Massimo Scaligero)

Non essendo le parole meri segni grafici o suoni, ma simboli di concetti, riguardo alla struttura delle scienze non formali, o semi-formali, il logista è portato facilmente a dimenticare che la relazione tra le parole, come relazione di pensiero, esige anzitutto una scienza formale del concetto. Che questa relazione venga implicitamente attuata non è sufficiente: l'errore, o la caduta, del pensiero moderno si può ravvisare nel fatto che il filosofo o lo scienziato si serva di questa relazione e pur ne ignori l'identità, credendo che essa sia nel sillogismo o nell'inferenza, in fatti fisici o metafisici, e non nel pensiero che la ravvisa.

Né che l'ultimo idealismo sia stato capace di indicare la relazione, come atto del pensiero, è sufficiente, perché il concepirla e il poterne filosofare non significa possederne il movimento: l'unico senso del concepirla essendo l'"animadversio" dell'esigenza sperimentale che essa postula, ossia il conoscerla come forma sul punto di compiersi secondo la propria legge. Che è l'esperienza da noi additata nella seconda parte di questo libro. L'ignorare che in un determinato luogo c'è dell'acqua e il saperlo senza possibilità di attingerla, per colui che deve dissetarsi è la stessa cosa.

Ignorare la connessività del pensiero significa usarla e attribuirla a simboli esteriori, che, tuttavia, come tali, anch'essi si danno in quanto pensati. Il pensiero viene ignorato nella sua pura logicità. Allorché la logistica, intendendo attuare il rigore della deduzione, ritiene superare la logica tradizionale con l'instaurare esclusivamente una tecnica relazionale delle proposizioni, in sostanza separa la parola dal pensiero, rivolgendo la concretezza al discorso e ignorando d'onde giunga la concretezza, ossia la capacità di ravvisare formalmente vero il discorso. Tale separazione è logicamente impossibile, perché non esiste una meccanica del discorso separabile dal valore concettuale delle parole che lo compongono e di cui esse sono simboli uniti mediante «intervalli».

L'INTERVALLO È PIÙ IMPORTANTE DEI SIMBOLI, PERCHÉ È LA PRESENZA DELL'ORIGINARIO PENSIERO, la relazione pura. Ad ogni nome risponde un pensiero, o un concetto, ma tra nome e nome il pensiero che li unisce non è trascrivibile: esso APPARE formalmente vincolato ai nomi, ma in sé è relazione pura, pensiero puro. In verità, l'intervallo non può essere simboleggiato da nulla. Una frase logica deve sempre significare qualcosa di più che la relazione formale non dica, anche quando le due forme logiche, quella «reale» e quella proposizionale, coincidono e nella verifica del «senso» sia possibile afferrare un preciso pensiero. Perché questo pensiero non sta mai solo, è connesso con tutto il pensare: CON CIÒ CHE NON VIENE DETTO.

Se si riuscirà a capire che le laboriose ricerche di un formalismo assoluto e di un sistema di relazioni in sé assiomatico, sono conati metafisici, ossia tentativi di rendere trascendenti le strutture formali, si afferrerà il radicale non senso del fenomeno logistico.

("Il realismo ingenuo codificato: la nuova logica analitica" in "La logica contro l'uomo. Il mito della scienza e la via del pensiero", 7.4, Ed. Tilopa, Roma, 1967).

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