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(Massimo Scaligero)

Il metodologo può essere lo sperimentatore stesso, lo scienziato che stabilisce la relazione con il fenomeno, ma oggi per lo più è il logista che semplicemente l'apprende, per trasferirla nella sfera della deduzione. Ma sia nell'uno che nell'altro caso, la relazione a cui ambedue si rivolgono, non viene da essi penetrata. È evidente che essi non dispongono del pensiero in atto nella relazione: che è stata l'iniziale possibilità perduta dalla scienza ai primi di questo secolo. Bensì dispongono della relazione dedotta (1° momento del nuovo orientamento metodologico), dalla quale ulteriormente deducono (momento attuale), senza che la scienza, dal punto di vista intuitivo e creativo, progredisca d'un passo. Ciò risulta dai resoconti dell'attuale letteratura logico-scientifica.

Non si è afferrata la relazione, bensì semplicemente il suo prodotto, ossia la serie delle note fenomeniche, tra cui si sono stabilite connessioni dall'esterno, dalle quali si sono estratte infine delle leggi. Da queste leggi non rispondenti a nulla di vivente della natura, o della concretezza del fenomeno, bensì all'astratta correlazione provvisoriamente necessaria a sostituire l'incapacità di entrare nella realtà del fenomeno, si sono prese le mosse per le ulteriori operazioni: quelle produttrici dell'attuale tecnologia.

La trascrizione scientifica del processo, da un punto di vista rigoroso, non ha altro valore che di documentazione di un'indagine incompiuta, per insufficienza di mezzi di pensiero. Ma proprio una simile insufficienza oggi impedisce di prendere atto della reale situazione e cerca la sua compensazione in INDAGINI NUOVE, che, per quanto prive dell'intuito primo, danno luogo a esperienze nuove, ma mancano della parte più importante: il SENSO. Tuttavia i teoreti di tale aspetto dell'esperienza si affannano a trovarlo il senso, con raffinatissimi studi, propiziati dal sistema che sorregge lo stato di cose predetto: onde essi sarebbero gravemente imbarazzati se trovassero veramente ciò che presumono cercare: GRASSETTO il senso, che implicherebbe l'annientamento del sistema. Ma tale pericolo non corrono, in quanto il pensiero con cui cercano è proprio quello la cui giustificazione deriva dallo smarrimento del senso accennato GRASSETTO.

Lo scienziato moderno opera mediante i segni astratti della relazione, non con la relazione stessa, ossia opera ormai come un tecnico: un aggiornatissimo tecnico. Egli rimane entro il limite, che gli consente al massimo la proiezione obiettiva dell'astrattificazione del reale, la produzione meccanica, e annienta ogni volta i suoi sforzi di sperimentare il vivente, che è il piano della relazione da lui resa estranea all'indagine, e illusoriamente posseduta nelle notazioni astratte.

La relazione perduta dallo scienziato viene tuttavia data dalla logica matematica come posseduta e viene presentata in veste formale come relazione tra segni: relazione formale che sarebbe legittima, se potesse derivare dalla percezione della relazione di cui quelli sono segni. La relazione infatti precede la forma e la forma esige la conoscenza di ciò di cui è forma. Perciò, allorché gli attuali sistemi deduttivi escono fuori dell'àmbito delle teorie matematiche, si può dire che mitizzano una controparte interiore, o logico-formale, o filosofica, della scienza, come se afferrassero il tessuto interno di talune sue strutture, mentre in realtà sono la trascrizione tautologica formale dell'inerenza passiva del pensiero al fenomeno, senza possibilità di percezione del proprio movimento e perciò di penetrazione del fenomeno.

Quello che è il mondo delle macchine (certamente necessario a un certo livello esistenziale, ma assolutamente estraneo agli interessi della conoscenza e tuttavia oggi condizionante la conoscenza e perciò la civiltà umana) come proiezione dell'insufficienza del pensiero rispetto all'esperienza del mondo fisico, sul piano dialettico è la logica come automatismo formale.

Non è la macchina l'errore, ma il simbolo che essa incarna, in quanto segno del pensiero destituito di potere produttivo, che, a sua volta codificato e metodologizzato, opera nuovamente sull'uomo, sino ad esigere l'automazione integrale non soltanto dei mezzi delle funzioni esistenziali, ma delle funzioni esistenziali stesse, compresi il mentale e lo spirituale.

(La metodologia contro la scienza in "La logica contro l'uomo. Il mito della scienza e la via del pensiero", 5.5, Ed. Tilopa, Roma, 1967).

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